Settimana con due eventi live, il primo a Trento venrdì 6 giugno, a sostegno della manifestazione organizzata dai sindacati contro le ronde padane della città.
E poi sabato 7 giugno in piazza a Cerredolo di Toano, vicino a Montefiorno per intenderci, dove prese vita la famosa Repubblica Partigiana di Montefiorino!
Amarchmand non mancate, andate a visitare il museo di Montefiorino!

Da Wikipedia:
La cosiddetta Repubblica partigiana di Montefiorino (conosciuta più semplicemente anche come Repubblica di Montefiorino) è un territorio che durante la resistenza si autoproclamò indipendente dal 17 giugno al 1 agosto 1944. E’ tradizionalmente considerato il primo esempio di governo autonomo in lotta contro l’occupazione tedesca, poi ripreso in numerose città dell’Italia settentrionale. [1].

Il territorio era parte delle zone montane della provincia di Modena e della provincia di Reggio Emilia, un area di circa 1200 km² e comprendente gli attuali comuni di Montefiorino , Frassinoro, Palagano, all’epoca facente parte del comune di Montefiorino da cui si è reso autonomo nel dopoguerra, Toano, Villa Minozzo, Ligonchio e Carpineti.

Alla data dell’ 8 settembre 1943 si trovavano nella zona i reparti di allievi ufficiali dell’Accademia Militare di Modena per il campo estivo che subirono la smobilitazione, come la quasi totalità dei reparti dell’esercito, nel caos e nella disorganizzazione della resa dell’Italia agli Alleati da parte del governo di Badoglio.

I militari, ufficiali, allievi e soldati, in mancanza di ordini, si dispersero, lasciando in qualche caso alcune armi e munizioni di cui si servirono poi gli antifascisti locali per compiere azioni di guerriglia nei confronti dei presidi fascisti assieme ad un gruppo di partigiani salito dalla vicina città di Sassuolo già nel novembre del 1943.

Fra questi è la singolare figura dell’operaia comunista Norma Barbolini, che fu effettivamente partigiana combattente (nonché comandante di una brigata formata anche da uomini) e non staffetta partigiana (cioè portaordini o comunicazioni) come fu la maggioranza delle donne poi riconosciute come partigiane combattenti, anche se solo occasionalmente avevano svolto il ruolo di staffetta o avevano avuto l’occasione di contatti con unità partigiane[citazione necessaria].